Il ritorno del crochet sulle passerelle

L’artigianato che diventa linguaggio universale della moda

Ci sono tecniche che sembrano appartenere al passato, destinate a sopravvivere solo nei ricordi di famiglia. L’uncinetto era una di queste: centrini nelle case delle nonne, borse di rafia portate al mare, copertine traforate custodite in bauli antichi. Ma la moda – eterna viaggiatrice tra memoria e futuro – ha deciso di restituirgli la scena. Oggi il crochet non è più revival, ma lessico contemporaneo: una grammatica che gli stilisti declinano in modi opposti, dal rigore sartoriale al barocco più sensuale, dal minimalismo nordico alle visioni couture.


Chanel: il rigore che accarezza

Parlare di Chanel significa parlare di ordine, disciplina, silhouette che non tradiscono mai il codice originario di Coco. Il tweed, i bottoni gioiello, le perle: un’estetica costruita per resistere al tempo. In questo linguaggio rigoroso, l’arrivo del crochet non è ornamento, ma atto di delicatezza. Virginie Viard lo inserisce con misura, trasformandolo in pannelli traforati che dialogano con il tweed, in bordure leggere che ammorbidiscono il rigore di una giacca. Non è nostalgia: è un modo per ricordarci che l’artigianato può essere sobrio, che un punto basso può avere la stessa dignità di un tessuto couture.


Dolce & Gabbana: l’anima mediterranea

Se Chanel usa il crochet per contenere, Dolce & Gabbana lo utilizzano per esaltare. Loro non hanno mai smesso di celebrarne l’essenza più carnale: pizzi, merletti, uncinetti che raccontano la Sicilia, il barocco, la sensualità femminile. Nei loro abiti, l’uncinetto non è mai accessorio: è pelle che si svela, corpo che respira.
Un vestito crochet di Dolce & Gabbana non si indossa, si interpreta: è dichiarazione di appartenenza a una cultura che ha fatto della manualità un’arte di seduzione.


Missoni: il colore come tessitura

Missoni è colore, ritmo, vibrazione. È pattern che si muove come onde. Nel loro zig-zag iconico, l’uncinetto diventa pittura tessile: non più bianco antico, ma tavolozza di nuance accese, sfumature che dialogano tra loro come in una tela astratta. Qui il crochet non è radice, ma sperimentazione: la prova che una tecnica antica può diventare linguaggio contemporaneo, se immersa nella grammatica del colore.


Valentino: la couture come scultura morbida

Il crochet di Valentino non ha nulla di boho o naïf. Qui diventa scultura morbida: abiti che sembrano sospesi tra arte e moda, impreziositi da cristalli, perle, applicazioni che lo rendono opulento e teatrale. È il trionfo del gesto artigianale elevato al rango di couture. Guardando un vestito crochet di Valentino non pensi a un hobby, pensi a una cattedrale tessuta a mano, al tempo dilatato che serve per costruire la bellezza.


L’onda lunga dello streetwear

E poi c’è l’altro volto del crochet: quello che spopola nei festival, che si mescola alla cultura pop, che diventa bikini, bucket hat, maxi bag colorate. Brand come Isabel Marant o Chloé lo interpretano in chiave boho-parigina, mentre la generazione Z lo adotta come simbolo di libertà creativa e fluida. Non è couture, ma è linguaggio sociale: un modo per dire “questo l’ho fatto io, questo mi appartiene”.


Perché il crochet parla al presente?

Forse perché è il contrario di ciò che viviamo ogni giorno. In un mondo veloce, l’uncinetto è tempo lento. In un’epoca di serialità, è unicità irripetibile. Nella logica del fast fashion, è resistenza. Ogni punto racconta un gesto, e ogni gesto racconta una storia.

È questo che seduce stilisti e pubblico: l’idea che moda e artigianato non siano mondi opposti, ma la stessa cosa. Una borsa crochet può vivere in boutique di lusso e allo stesso tempo nascere dalle mani di chi, in silenzio, lavora a casa.


Conclusione

Il ritorno del crochet sulle passerelle non è un revival folkloristico, ma la conferma che l’artigianato ha un posto nel futuro. Chanel lo rende sobrio, Dolce & Gabbana lo accendono di sensualità, Missoni lo trasforma in colore, Valentino lo porta a teatro, la strada lo reinventa come gioco pop.

In ogni interpretazione c’è la stessa verità: l’uncinetto è più di una tecnica. È un linguaggio universale, che continua a unire mani e culture, passato e futuro, intimità e spettacolo.